giovedì 26 novembre 2009

Blog condiviso.

Grazie a Christian Pì, che ha fondato AVAPXOS, si è creato un bel gruppetto di persone in grado di discutere senza insultarsi (magari anche perché la pensiamo in maniera simile, ma anche quando non siamo stati d'accordo su alcuni punti, ce lo siamo detti garbatamente), di informarsi ed informare. Christian ci alimentava ogni giorno con un post ricco di riferimenti, non so come facesse a trovare il tempo e l'energia di farlo, io non ci riuscirei. Dato che nessuno di noi riuscirebbe a postare ogni giorno, ma, bene o male, siamo felici di commentare quotidianamente o quasi, ho proposto, partendo da un'idea di Daniela, di fare un Blog Condiviso, un blog insomma in cui non posta solo una persona, ma a rotazione un certo numero di persone, quante saranno e chi saranno queste persone dipende dalla volontà di ognuno ovviamente, chi vuole può partecipare. In questa maniera ognuno dei redattori ha qualche giorno di tempo per preparare il post, ed anche con il poco tempo di cui ci lamentiamo continuamente, saremo in grado di avere un argomento nuovo ogni giorno o quasi. Possiamo decidere meglio le regole su questo nei commenti di questo post. Io proporrei, una volta che si siano fatti avanti coloro che vogliono contribuire in questo modo, di decidere una sequenza, fermo restando che, se qualcuno ha un buon motivo per anticipare o deve saltare un turno, lo comunica agli altri e lo fa.
Ho creato un nuovo blog:
http://blog-condiviso.blogspot.com/
normalmente può postare solo chi ha creato il blog, ma c'è la possibilità di aggiungere altri abilitati a farlo. Per poter aggiungere altri autori devo mettere la loro e-mail che vale come account. Non mi pare il caso che la scriviate quì, anzi ve lo sconsiglio assolutamente! Chi vuole partecipare può scrivere all'indirizzo e-mail: blogcondiviso@gmail.com, io lo aggiungerò, ma quell'indirizzo non lo metterò comunque a disposizione degli altri a meno che non mi venga espressamente chiesto dalle persone coinvolte, certo rimane il fatto che l'e-mail la vedo io e questo purtroppo non si può evitare, se vogliamo utilizzare questa modalità.
A questo punto non ci rimane che coordinarci nei commenti di questo post e partire!

mercoledì 18 novembre 2009

Le concentrazioni di potere

Se il potere fosse realmente distribuito non ci sarebbero problemi politici, sociali, economici.
Proviamo ad immaginare una comunità umana il più semplice possibile, praticamente poche famiglie che condividono i frutti del loro lavoro. Situazione apparentemente idilliaca e irrealistica. Probabilmente all’alba della civiltà, una tale convivenza sarebbe stata possibile solo in un ambiente molto ricco di risorse naturali e senza altri insediamenti. Altrimenti, se non ci fossero state sufficienti risorse, avrebbero finito per lottare tra di loro, se ci fosse stata abbondanza prima o poi sarebbero arrivati altri gruppi con l’intenzione di appropriarsene ed avrebbero dovuto lottare per difendere il proprio territorio e le proprie risorse. In ogni caso si vengono a stabilire, a seguito di lotte reali o potenziali, nuovi rapporti di forza in cui c’è chi gode maggiormente delle risorse offerte dalla natura e dal lavoro umano e chi deve accontentarsi di meno. Quindi che ci sia il singolo più forte, o il gruppo più forte che prevarica l’altro, sembra proprio inevitabile che ci siano disparità. Nelle prime civiltà di cui abbiamo notizie abbiamo già situazioni di stratificazioni sociali, con alcuni che hanno privilegi e maggiore accesso alle risorse. Probabilmente quelle piccole differenze, che avevamo ipotizzato come esperimento mentale, si sono accentuate insieme alla crescente complessità delle civiltà. Quindi, in epoche e regioni diverse, assistiamo ad un evidente accentrarsi del potere, per cui chi si trova in una posizione di forza, riesce ad aumentarlo ulteriormente. Anche le prime regolamentazioni erano asimmetriche, servivano proprio a chi aveva potere per mantenerlo e accentuarlo. C'era chi aveva doveri e chi diritti. Era come se, più o meno esplicitamente, si dicesse: noi potremmo schiacciarvi facilmente in ogni momento, se volete vivere (o sopravvivere) accettate questa situazione.
Successivamente con la democrazia greca, con il diritto romano, le regole hanno cercato di rifarsi a principi di giustizia generali, ideali. La tendenza generale, almeno negli ultimi secoli e al di là di oscillazioni temporanee, è stata quella di fare regole, nate come concessione dall'alto, ma rifacentesi ad un senso sempre più maturo di giustizia, magari partendo da precetti religiosi. Gradualmente maturò una sorta di contratto tra chi detiene il potere e chi è governato.
Ma è solo con le rivoluzioni che le costituzioni, le leggi si pongono come obbiettivo anche quello distribuire in maniera equa il potere, di contrastare concentrazioni di potere, che si persegue veramente l'uguaglianza tra i cittadini.
Non vorrei addentrarmi sul lato giuridico e storico ma solo provare ad immaginare la storia umana, come una lotta tra l’accentramento del potere e le regole per limitarlo. Magari non è stato sempre così, ma, in teoria lo è oggi. La regola aurea che ‘la legge è uguale per tutti’ stabilisce, intuitivamente, proprio che non ci sono più nobili, reali, persone che sono sopra le regole, ma che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Questo principio sembra proprio uno spartiacque tra un epoca in cui le regole erano impartite dall'alto, da chi imponeva le sue regole ad i suoi sudditi ad una in cui siamo tutti cittadini uguali davanti alla legge. Alcuni, per un certo periodo, sono delegati a fare nuove regole, a migliorare quelle che ci sono, a organizzare la società nel modo migliore per tutti, ma non sono diversi dagli altri. Alcuni hanno più mezzi finanziari, ciò gli permette di avere un impatto maggiore sulla società e in definitiva, proprio per questo, anche di incrementare ulteriormente questa superiorità economica con più facilità, ma non hanno più diritti.
Quindi siamo tutti soggetti alle stesse regole, ma queste regole hanno un impatto diverso su ognuno di noi in base al ruolo che ricopriamo, in base al potere che abbiamo. Più si ha potere e più queste regole ci toccano poco, perché abbiamo più mezzi per sottrarci ad esse, ma anche per far si che mutino nella direzione che ci fa più comodo.
Se chi possiede il potere economico riesce a piazzare delle regole che, invece di limitare, accentuano la propria posizione, il potere legislativo sta venendo meno alla propria funzione, ma questo sta avvenendo in molte delle società occidentali, in maniera più o meno evidente. Se coloro che hanno più potere si accordano tra loro per rafforzare le loro posizioni, eliminando eventuali limiti alla loro azione e ponendoli invece a chi potrebbe contrastarli, gradualmente si sta togliendo anima e senso alla democrazia, pur mantenendone l'aspetto esteriore. Il potere legislativo è controllato, in democrazia, dal potere del popolo esercitato con il voto, ma se le masse non sono messe correttamente al corrente di leggi fatte per andare contro di loro, questo potere non può essere esercitato liberamente. Quindi è indispensabile che ci sia un’informazione libera di informare liberamente, ma libera anche da condizionamenti economici, che, altrimenti, potrebbe essere interessata a non far conoscere alcune cose, o a farle conoscere in maniera deformata. Ecco allora che le concentrazioni di potere sono di una gravità enorme, scardinano la democrazie dal di dentro senza che si abbia la piena consapevolezza di ciò.
In Italia questo processo sembra aver preso una strada senza via di uscita, in cui chi ha il potere economico e politico (che già non dovrebbero coincidere nella stessa persona per quello che abbiamo detto), ha anche il controllo della maggior parte dei mezzi di informazione per cui le masse, sono sistematicamente informate in maniera da orientare le loro posizioni nel modo che fa più comodo a chi detiene il potere. Così la maggior parte delle persone ha una percezione molto limitata delle cause del disagio che prova quotidianamente, chi dovrebbe migliorare le proprie condizioni (o almeno non peggiorarle) è percepito come benefattore, paladino del bene comune, non viene proprio preso in considerazione che proprio lui può essere l'origine del peggioramento. La sistematica creazione di una sottocultura nutrita dalle televisioni ha creato e mantenuto una moltitudine di incapaci di critica, pronti a credere a tutto quello che gli dice la TV, la loro realtà è quella, non quella con cui fanno i conti quando escono. Non possono criticare, coloro che vengono loro proposti come eroi. La causa di tutto quello che non funziona, viene cercata all'esterno, a partire da chi cerca di contrastare il potere che li sta manipolando, inoltre sono nemici tutti coloro che più facilmente possono essere individuati come altri e che di volta in volta vengono additati dalle campagne orchestrate da chi detiene tutti i poteri.
Nel secolo scorso i dittatori hanno preso il potere con la forza delle armi, oggi lo prendono con la forza dell'informazione.
In ogni caso abbiamo un potere che dall'essere uno dei poteri, diventa il predominante, si libera (di colpo o gradualmente) degli altri e diventa assoluto (appunto sciolto, libero).
Ovviamente più un potere diventa grande e più sarà difficile contrastarlo, per questo credo che vada sempre perseguita la distribuzione del potere il più possibile e creati meccanismi che riescano a fermare le concentrazioni prima che esse diventino importanti. Il problema è come fare, trovare il modo migliore per raggiungere questo risultato, ma non credo che possano esserci dubbi sul fatto che vada ripreso il cammino della storia in questa direzione.

sabato 24 ottobre 2009

Lotta alla mafia

La mafia ormai pervade tutte le istituzioni dello stato. Le varie mafie (anche 'ndrangheta, e camorra) sono solo una manifestazione di un problema più generale che è il clientelismo. Il problema di fondo è il fatto che la politica smette di essere al servizio del bene comune e diventa un modo per convogliare denaro verso un gruppo di potere. Non c’è una differenza sostanziale tra il favore fatto dal politico della pianura padana che favorisce un’impresa amica e quello fatto da un politico siciliano ugualmente ad un’impresa da cui trae vantaggio. Il fatto che poi queste imprese (tanto quella del nord quanto quella del sud) siano in mano alla mafia, o alla ‘ndrangheta o alla camorra è sicuramente un’aggravante, ma il comportamento è lo stesso ed il male sta all’origine, proprio nel concepire la politica in questa maniera. Purtroppo ci sono anche molti cittadini (temo la maggioranza) che la concepiscono così e che si rivolgono ai politici per avere qualche vantaggio rispetto a chi non ha le stesse amicizie e conoscenze. Anche chi si rivolge privatamente al politico amico per ottenere qualcosa che gli spetti, per far valere un suo diritto, sta alimentando questo sistema, perché rivolgendosi a lui in questa maniera, per un problema personale, sta comunque cercando di scavalcare altri che ne avrebbero diritto come lui. Diverso ovviamente è se si solleva un problema e si cita il proprio caso personale solo come esempio, ma, ovviamente, non è di questo che sto parlando.
Se non si cambia questa mentalità in cui la maggior parte delle persone cerca sempre di passare davanti agli altri cercando alleanze, sfruttando amicizie e conoscenze sarà impossibile spezzare questo circolo vizioso del politico disonesto che fa gli interessi di pochi e che va avanti appoggiato da questi pochi, che però riescono a smuovere voti e consensi. Se poi la maggior parte dei politici che sono in parlamento sono arrivati in quella posizione grazie a questi meccanismi, è ovvio che non solo non potranno mai combattere questi meccanismi, ma non avranno alcun interesse a farlo.
L’unica speranza è cambiare quasi totalmente la classe politica; ma questo andrebbe fatto senza che la sostituzione si limiti ad una diversa divisa esteriore dei rappresentanti dei centri di potere criminale, a persone diverse che fanno riferimento sempre ai medesimi centri di potere. Quindi dovrebbero cambiare, prima ancora dei politici, i cittadini, o almeno la lotta andrebbe fatta in contemporanea condannando gli uni e gli altri senza temere di alienarsi consensi.
Un politico di nuovo tipo, dovrebbe anzi dire: se volete trarre da questo voto un solo vantaggio personale, se vi aspettate che io prenda una sola decisione che che non sia a beneficio di tutta la comunità, ma solo per una parte di essa, non mi votate! Se volete chiedermi favori, anche il più innocente, non vi avvicinate! Date queste premesse, inutile dire che se vi presentate con un pacchetto di voti sicuri, vi denuncio proprio.
Dovrebbe presentarsi con un programma che attacchi frontalmente gli interessi delle mafie e che miri esplicitamente a rompere questi meccanismi. Provo a fare degli esempi di alcune cose che andrebbero fatte:
- Semplificazioni delle leggi per impedire che nei suoi anfratti la faccia franca chi può permettersi tempo ed avvocati in grado di sfruttarli. Le leggi devono essere poche e chiare, senza lasciare spazio a interpretazioni per quanto possibile.
- Abolizione del segreto bancario e trattati con gli stati che lo hanno perché in caso di indagini questo non possa frenare le indagini. Leggi che semplifichino la ricostruzione di tutti i passaggi bancari, deve sempre essere chiaro, da dove partono e dove vanno i soldi. Pene severe per chiunque le eluda.
- Rimozione delle limitazioni create recentemente alle intercettazioni telefoniche e nuove condizioni per le concessionarie telefoniche per cui, in cambio della concessione, oltre a pagare il canone, dovranno fornire gratuitamente (come avviene in quasi tutti i paesi) tabulati e intercettazioni richieste dagli inquirenti.
- Carcere duro per tutti i mafiosi che non collaborano e nuove leggi per i collaboratori per cui ci siano benefici, anche maggiori di quelli attuali, per chi collabora, ma solo se non ha alcun tipo di reticenze, non deve essere più consentito di fermarsi ad un certo livello, cioè di non parlare delle collusioni politiche.
- Aggravanti per politici, funzionari, carabinieri, poliziotti, finanzieri e in genere per qualunque dipendente pubblico in caso di collusioni con la mafia, anche per semplici vicinanze. Aggravanti ulteriori se i dipendenti sono dei servizi segreti. Chiunque ha avuto condanne per reati legati alla mafia deve essere interdetto dai pubblici uffici di qualunque tipo (compresi ed a maggior ragione ovviamente quelli politici).
- Leggi che vadano a colpire i loro interessi, quindi liberalizzazione delle droghe che devono essere gestite dallo stato ed i cui ricavi devono andare esclusivamente a campagne e strutture contro l'uso delle droghe. Pene molto più pesanti delle attuali per i trafficanti e completa depenalizzazione dell'uso (non rivelare il nome del fornitore equivale ad essere considerati trafficanti). Regolamentazione della prostituzione, che deve essere tolta dalle mani di trafficanti e monitorata in tutti gli aspetti medici e sociali.
- Strumenti concreti per contrastare le estorsioni seguendo le indicazioni di coloro che si sono ribellati.
- Campagne pressanti, continue, dalle scuole alle televisioni contro la mafia che illustrino il problema, che mostrino tutte le implicazioni, che spieghino come difendersi (fornendo gli strumenti per farlo ovviamente) e che le tolgano l'alone di imbattibilità che ha attualmente; come diceva Falcone: “La mafia, come ogni fenomeno umano, ha un inizio e una fine”. Allo stesso modo devono essere censurati film e sceneggiati che ne diano una connotazione positiva.

Sicuramente ci sarebbero anche tante altre cose da fare. Basterebbe sentire gli esperti in proposito coloro che la combattono ogni giorno rischiando la vita e che invece di essere considerati eroi (in genere questo avviene dopo che sono stati uccisi, quando avviene), vengono anche denigrati ed attaccati dalle istituzioni.

mercoledì 23 settembre 2009

Il grande male italiano


C'è un principio unificatore tra le storture italiane, qualcosa che sta alla base di tutte, che le genera tutte. Se si cerca di individuare il problema maggiore del nostro paese, l'origine comune di tutte le cose che non vanno, molti indicherebbero la politica, altri la mafia, anzi le mafie, altri la corruzione, altri potrebbero individuare delle entità che in un dato momento gli sembrano messe particolarmente male, eppure stanno parlando tutti della stessa cosa: il clientelismo.
Intendo il clientelismo nella sua accezione più ampia, da quello propriamente detto del politico che trova il modo di ricompensare i suoi elettori e le loro famiglie con favori personali, a quello del politico che ricompensa intere organizzazioni le quali a loro volta controllano pacchetti di persone e chiedono in cambio favori più grandi, fino a determinare totalmente le scelte politiche del loro solidale.
Anche le mafie sono diventate (non da oggi) così potenti perché si nutrono di questi meccanismi, i loro bracci armati, le attività criminali che fanno notizia (i traffici, le estorsioni) sono secondarie rispetto al meccanismo fondamentale basato sulla clientela. Una cosa rafforza l'altra certo, ma se non ci fosse alla base il politico che li copre, che ottiene in cambio un pacchetto di voti sicuri e parte dei guadagni che verranno fatti prendendo le decisioni, non in base alle esigenze del territorio che sta governando, ma, prevalentemente, cercando di riversare una parte cospicua del denaro pubblico su cui ha controllo verso le loro attività (magari queste lecite); se non ci fosse tutto ciò, non sarebbero così forti.
In altri casi non c'è un diretto coinvolgimento finanziario, parliamo in questi casi di lobby che fanno pressione per ottenere determinate leggi (o per evitare che ne vengano promulgate altre) e che hanno dei politici di riferimento.
Ma tutto ciò non avviene solo nella politica, anche nel privato troviamo gruppi di potere che si controllano, che si favoriscono vicendevolmente, spesso portando all'inefficenza generale. Assunzioni fatte per ricompensare altri favori ricevuti, carriere determinate non dal merito ma da meccanismi di questo tipo.
In ogni parte della nostra società ritroviamo questi meccanismi: le conoscenze e le ri-conoscenze.
La politica, in particolare sembra ormai a molti fatta solo di queste cose e senza vie di uscita.
Anzi mi pare che ci siano partiti per cui è effettivamente fatta solo così e cercano di far credere che sia così per tutti, che non possa essere altro che così.
La mia impressione e speranza è che invece possa anche essere diversa, che ci siano ancora politici per cui non sia così. Alcuni sono in maniera evidente contro questo tipo di politica (se proprio vogliamo chiamarla così), ma temo che siano molto pochi. Sarebbe interessante trovare meccanismi che vadano contro questo stato di cose e che possano portare a estromettere dalla politica coloro che occupano dei posti grazie a favori forniti e ricevuti, ma ammesso che si riescano a pensare chi dovrebbe poi approvarli?
Forse un'idea potrebbe essere idearli, farli arrivare alla discussione in parlamento (e già qui credo che stia sognando) e poi vedere chi vota a favore e chi contro (ed ovviamente questo dovrebbe essere discriminante per le elezioni successive).

Ma tutto ciò avrebbe un senso, una vaga possibilità di avverarsi, se la maggioranza della popolazione si rendesse conto della gravità del problema, pensasse realmente che vada risolto, ma finché la maggioranza continua a sentirsi tra coloro che ne potrebbero trarre qualche vantaggio, o ne hanno tratto qualche vantaggio, finché non capisce che nessuno ne trae realmente beneficio, che tanti furbi creano una totalità di fessi, finché non ci sarà un vero spirito civico che porti a mettere il bene comune avanti al proprio, capendo che il bene comune è anche il proprio e che alla lunga sarà maggiore del piccolo illusorio vantaggio momentaneo, finché queste rimarranno speranze e sogni temo che affonderemo sempre più nella melma attuale...





giovedì 20 agosto 2009

Obbiettività




Credo che la maggior parte delle persone che esprimono la propria opinione lo facciano con obbiettività!
Siamo tutti obbiettivi puntati sulla realtà. Ci saranno obiettivi più puliti, più a fuoco, altri meno, ma ognuno ha la propria obbiettività.

Istantanee, provenienti da posizioni diverse, tante realtà obbiettive dal proprio punto di vista e quindi ognuna meritevole di essere ascoltata. Un po' meno magari, vale la pena ascoltarle, quando derivano da quello che si è ascoltato da altri e non da una propria elaborazione, quando non sono il proprio, autentico, punto di vista. Non intendo quando si ascolta un concetto, un'opinione, un fatto che ci apre un nuovo spiraglio, una nuova dimensione, un nuovo modo di guardare le cose e lo facciamo nostro, mi riferisco a quando si accetta un'opinione passivamente, in base alla sua autorevolezza. Su molti argomenti che non abbiamo potuto approfondire personalmente abbiamo convinzioni di questo tipo, è inevitabile, non possiamo conoscere tutto, non possiamo diventare esperti di tutto (in realtà siamo fortunati già se lo siamo di una cosa). Insomma non ci vedo niente di male a fare proprie le opinioni altrui, ma l'obbiettivo cui mi riferivo è quello di chi ha sviscerato un argomento (per quello che può ognuno con gli strumenti che ha) ed ha 'sviluppato', 'messo a fuoco' una propria visione che vuole condividere.
Diverso, molto diverso ed assolutamente per nulla obbiettiva è l'opinione di chi parte già da quello che vuole dimostrare, per 'partito' preso, o per motivazioni ancora più veniali. Ecco trovo che molti opinionisti, molte firme 'autorevoli' esprimono questo tipo di opinioni, devono portare avanti una tesi, sono pagati (direttamente o meno, in denaro o altro) per farlo e lo fanno. Queste sono opinioni che non solo non sento obbiettive, ma mi fanno indignare, e non mi interessano molto, così come non mi interessano quelle di chi le fa proprie e le ripete sintetizzandole o arricchendole.
Insomma cerchiamo di essere veramente obbiettivi, con l'obbiettivo di fotografare la realtà per quanto sia umanamente possibile.
Probabilmente non si potrà raggiungere un'obbiettività assoluta, forse neanche esiste, ma considero un importante 'obiettivo' lo sforzo di avvicinarcisi, la sincera intenzione di essere obbiettivi, di esprimere quello che profondamente si ritiene vero, di non nascondere (prima di tutto a se stessi) quello che contraddirebbe le proprie posizioni.
Cerchiamo di dire con onestà e proposito di verità quello che cogliamo della realtà e che non è ancora stato visto da altri, almeno non con la dovuta chiarezza.