Se il potere fosse realmente distribuito non ci sarebbero problemi politici, sociali, economici.
Proviamo ad immaginare una comunità umana il più semplice possibile, praticamente poche famiglie che condividono i frutti del loro lavoro. Situazione apparentemente idilliaca e irrealistica. Probabilmente all’alba della civiltà, una tale convivenza sarebbe stata possibile solo in un ambiente molto ricco di risorse naturali e senza altri insediamenti. Altrimenti, se non ci fossero state sufficienti risorse, avrebbero finito per lottare tra di loro, se ci fosse stata abbondanza prima o poi sarebbero arrivati altri gruppi con l’intenzione di appropriarsene ed avrebbero dovuto lottare per difendere il proprio territorio e le proprie risorse. In ogni caso si vengono a stabilire, a seguito di lotte reali o potenziali, nuovi rapporti di forza in cui c’è chi gode maggiormente delle risorse offerte dalla natura e dal lavoro umano e chi deve accontentarsi di meno. Quindi che ci sia il singolo più forte, o il gruppo più forte che prevarica l’altro, sembra proprio inevitabile che ci siano disparità. Nelle prime civiltà di cui abbiamo notizie abbiamo già situazioni di stratificazioni sociali, con alcuni che hanno privilegi e maggiore accesso alle risorse. Probabilmente quelle piccole differenze, che avevamo ipotizzato come esperimento mentale, si sono accentuate insieme alla crescente complessità delle civiltà. Quindi, in epoche e regioni diverse, assistiamo ad un evidente accentrarsi del potere, per cui chi si trova in una posizione di forza, riesce ad aumentarlo ulteriormente. Anche le prime regolamentazioni erano asimmetriche, servivano proprio a chi aveva potere per mantenerlo e accentuarlo. C'era chi aveva doveri e chi diritti. Era come se, più o meno esplicitamente, si dicesse: noi potremmo schiacciarvi facilmente in ogni momento, se volete vivere (o sopravvivere) accettate questa situazione.
Successivamente con la democrazia greca, con il diritto romano, le regole hanno cercato di rifarsi a principi di giustizia generali, ideali. La tendenza generale, almeno negli ultimi secoli e al di là di oscillazioni temporanee, è stata quella di fare regole, nate come concessione dall'alto, ma rifacentesi ad un senso sempre più maturo di giustizia, magari partendo da precetti religiosi. Gradualmente maturò una sorta di contratto tra chi detiene il potere e chi è governato.
Ma è solo con le rivoluzioni che le costituzioni, le leggi si pongono come obbiettivo anche quello distribuire in maniera equa il potere, di contrastare concentrazioni di potere, che si persegue veramente l'uguaglianza tra i cittadini.
Non vorrei addentrarmi sul lato giuridico e storico ma solo provare ad immaginare la storia umana, come una lotta tra l’accentramento del potere e le regole per limitarlo. Magari non è stato sempre così, ma, in teoria lo è oggi. La regola aurea che ‘la legge è uguale per tutti’ stabilisce, intuitivamente, proprio che non ci sono più nobili, reali, persone che sono sopra le regole, ma che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Questo principio sembra proprio uno spartiacque tra un epoca in cui le regole erano impartite dall'alto, da chi imponeva le sue regole ad i suoi sudditi ad una in cui siamo tutti cittadini uguali davanti alla legge. Alcuni, per un certo periodo, sono delegati a fare nuove regole, a migliorare quelle che ci sono, a organizzare la società nel modo migliore per tutti, ma non sono diversi dagli altri. Alcuni hanno più mezzi finanziari, ciò gli permette di avere un impatto maggiore sulla società e in definitiva, proprio per questo, anche di incrementare ulteriormente questa superiorità economica con più facilità, ma non hanno più diritti.
Quindi siamo tutti soggetti alle stesse regole, ma queste regole hanno un impatto diverso su ognuno di noi in base al ruolo che ricopriamo, in base al potere che abbiamo. Più si ha potere e più queste regole ci toccano poco, perché abbiamo più mezzi per sottrarci ad esse, ma anche per far si che mutino nella direzione che ci fa più comodo.
Se chi possiede il potere economico riesce a piazzare delle regole che, invece di limitare, accentuano la propria posizione, il potere legislativo sta venendo meno alla propria funzione, ma questo sta avvenendo in molte delle società occidentali, in maniera più o meno evidente. Se coloro che hanno più potere si accordano tra loro per rafforzare le loro posizioni, eliminando eventuali limiti alla loro azione e ponendoli invece a chi potrebbe contrastarli, gradualmente si sta togliendo anima e senso alla democrazia, pur mantenendone l'aspetto esteriore. Il potere legislativo è controllato, in democrazia, dal potere del popolo esercitato con il voto, ma se le masse non sono messe correttamente al corrente di leggi fatte per andare contro di loro, questo potere non può essere esercitato liberamente. Quindi è indispensabile che ci sia un’informazione libera di informare liberamente, ma libera anche da condizionamenti economici, che, altrimenti, potrebbe essere interessata a non far conoscere alcune cose, o a farle conoscere in maniera deformata. Ecco allora che le concentrazioni di potere sono di una gravità enorme, scardinano la democrazie dal di dentro senza che si abbia la piena consapevolezza di ciò.
In Italia questo processo sembra aver preso una strada senza via di uscita, in cui chi ha il potere economico e politico (che già non dovrebbero coincidere nella stessa persona per quello che abbiamo detto), ha anche il controllo della maggior parte dei mezzi di informazione per cui le masse, sono sistematicamente informate in maniera da orientare le loro posizioni nel modo che fa più comodo a chi detiene il potere. Così la maggior parte delle persone ha una percezione molto limitata delle cause del disagio che prova quotidianamente, chi dovrebbe migliorare le proprie condizioni (o almeno non peggiorarle) è percepito come benefattore, paladino del bene comune, non viene proprio preso in considerazione che proprio lui può essere l'origine del peggioramento. La sistematica creazione di una sottocultura nutrita dalle televisioni ha creato e mantenuto una moltitudine di incapaci di critica, pronti a credere a tutto quello che gli dice la TV, la loro realtà è quella, non quella con cui fanno i conti quando escono. Non possono criticare, coloro che vengono loro proposti come eroi. La causa di tutto quello che non funziona, viene cercata all'esterno, a partire da chi cerca di contrastare il potere che li sta manipolando, inoltre sono nemici tutti coloro che più facilmente possono essere individuati come altri e che di volta in volta vengono additati dalle campagne orchestrate da chi detiene tutti i poteri.
Nel secolo scorso i dittatori hanno preso il potere con la forza delle armi, oggi lo prendono con la forza dell'informazione.
In ogni caso abbiamo un potere che dall'essere uno dei poteri, diventa il predominante, si libera (di colpo o gradualmente) degli altri e diventa assoluto (appunto sciolto, libero).
Ovviamente più un potere diventa grande e più sarà difficile contrastarlo, per questo credo che vada sempre perseguita la distribuzione del potere il più possibile e creati meccanismi che riescano a fermare le concentrazioni prima che esse diventino importanti. Il problema è come fare, trovare il modo migliore per raggiungere questo risultato, ma non credo che possano esserci dubbi sul fatto che vada ripreso il cammino della storia in questa direzione.